Li abbiamo visti mille volte, abbiamo stretto i loro gambi tra dita tremanti, li abbiamo afferrati con forza, guardati con curiosità e sempre, o quasi, svuotati del loro contenuto. Cosa sono? I bicchieri da cocktail: un mondo variegato e colorato che è secondo solo al ghiaccio, per la riuscita di un buon drink. Il più famoso di tutti: la Coppa Martini. Un gioiello di design che durante i molti anni della sua vita dall'origine incerta - divenuta famosa nell'Expo di Parigi del 1925, alcuni sostengono che fu inventata nel 1910 da un barman londinese, altri che invece risale alla seconda metà del XIX secolo - ha incarnato e continua a farlo l'essenza stessa del cocktail che accompagna.
Trasparente, per dare l'idea di fragilità e delicatezza, dalle linee pulite, simbolo di eleganza, una sottile coltre di ghiaccio ad avvolgerlo per regalare il consueto brivido: tutto ciò, tanto quanto le dosi di distillato e la manualità di barman, fanno parte a tutti gli effetti della ricetta di un Dry Martini o di un Vesper Martini. Un vestito, IL vestito del drink, che come il tubino nero di Coco Chanel o lo smoking nero da donna di Yves Saint Laurent, non è solo un abito, ma uno stato d'animo.
Un buon cocktail bar, oltre a una fornita bottigliera, solitamente ha - e anche in bella mostra - tutta la sua collezione di bicchieri, allietando gli occhi dei curiosi con forme, colori e fogge molto diverse tra di loro. A volte troppo. Negli ultimi anni la mixology ha raggiunto vette di rinnovata popolarità, ha abbracciato nuovi stili e sdoganato nuovi distillati prima quasi sconosciuti - come il Pisco o il Mezcal, noti agli intenditori e meno alla massa - ampliando la gamma di proposte che mediamente si possono incontrare in un bar di livello medio-alto. Con l'avvento dei cocktail a base di vino sono arrivati al bancone i Brandy Baloon, con l'avvento degli speakeasy sono tornate anche le tazze da tè - che nell'era del proibizionismo erano utilizzate per mascherare i drink, facendoli passare per un'innocente tisana - e la moda dei Tiki Bar - quelli dall'allure caraibica, non potete sbagliarvi - sono sbarcati tumbler alti coloratissimi e decorati con fogge e disegni che ricordano le popolazioni indigene di isole lontane. Ma quale che sia la moda del momento, c'è una hall of fame da cui nessun bar che si rispetti può prescindere: dieci bicchieri iconici, classici, intramontabili. Come i cocktail che contengono.
Ma, lasciata nell'Olimpo del design e del glamour la Coppa Martini, quali sono? Ecco un piccolo vademecum per non farsi mai trarre in inganno e sapere sempre cosa ordinare.
Come la Coppa Martini, anche per questo tipo di bicchiere il nome è tutto un programma. L'Old Fashioned è in fatti uno dei cocktail più venduti di sempre, con base bourbon in cui vengono dissolti zucchero, angostura bitter ed essenza di scorza d'arancia, che non ha mai smesso di affascinare il mondo. Il bicchiere che prende il suo nome è largo, con una base pesante spessa e un bordo piatto, pensato in modo che possa contenere cocktail corposi. E spesso anche due dita di Whisky con un cubetto di ghiaccio, per godersi un momento di puro piacere. Ne esiste anche la versione "maxi": i DOF (Double Old Fashioned), abbastanza grande da poter contenere buone dosi di ghiaccio tritato per i cocktail che lo richiedono, come il Mai Tai. Rientra anche nella macro categoria dei Tumbler bassi: bicchieri larghi e "ben piantati", a cui appartengono anche i Rock Glass e i Lowball).
Ogni cocktail famoso ha la sua leggenda che si rispetti, e la stessa cosa vale anche per i loro bicchieri. Questa particolare coppa, conosciuta in Italia come Coppa Asti, ma nel mondo con il nome stuzzicante di Coupé, non fa eccezione. Il mito la vorrebbe disegnata sulla forma - dicasi perfetta - del seno sinistro di Maria Antonietta, ma le cronache annoverano la sua nascita in Inghilterra nel 1663, lontano sia per geografia che per tempistica dal regno della più sfortunata regina di Francia. Non adatto a contenere grandi quantità di ghiaccio, questo bicchiere viene utilizzato per tutti i cocktail "straight up", ovvero quelli che vengono shakerati con ghiaccio e poi versati nella coppa ben ghiacciata, che grazie allo stelo sottile - come la Coppa Martini, of course - permette di mantenere la temperatura a lungo. Il drink? Un Sidecar, o un Margarita.
Anche in questo caso, potrebbe valere il detto "di nome e di fatto". Questo bicchiere stretto e lungo, con il fondo spesso come l'Old Fashioned e rientrante nella categoria dei Tumbler alti - anche se un po' più stretto dei classici bicchieri di questa categoria , in cui gli fanno compagnia gli Highball e i Cooler- prende il nome dai Collins. Una famiglia famosa, ma di cocktail, non di Vip. Un Collins è, fondamentalmente, un cocktail aspro con base distillato - solitamente gin, come nel caso del Tom Collins - succo di limone, zucchero e soda. Il tutto da versare sui cubetti di ghiaccio messi a colmare quasi totalmente il bicchiere.
Il più divertente di tutti, almeno per gli occhi. A differenza della Toddy Mug o della Mule Mug, questi bicchieri di ispirazione esotica sono gli unici ad essere delle tazze a tutti gli effetti, in quanto fatti di ceramica. Solitamente ne troviamo la versione alta e tubolare, nei cocktail bar tradizionali, ma queste tazze in ceramica impreziosite da idoli tiki simili a dei totem, sono presenti in ogni foggia e dimensione, in particolar modo nei cocktail bar dedicati a questa particolare cultura del cocktail, di ispirazione carabibica. Se volete veramente immergervi nell'atmosfera giusta, ordinate uno Zombie Cocktail: tre tipi di rum, apricot brandy e granatina.
Nomen omen, anche in questo caso. La Julep Cup è una coppa senza stelo, a forma di cono, rigorosamente fatta in metallo. Nei cocktail bar d'albergo più lussuosi le potrete trovare fatte d'argento, come si usava nelle case nobiliari del XIX secolo, o di peltro, ma le più comuni sono oggi forgiate in un più comune acciaio. Solitamente da conservare nel congelatore, la particolare conformazione del bicchiere gli permette di "brinarsi" quasi del tutto anche con del semplice ghiaccio tritato all'interno. Le sue fortune le deve al Mint Julep, un cocktail nato nell'800 - anche se dall'origine ancora oggi sconosciuta - a base distillato con aggiunta di menta. Tradizione vuole che il distillato di base sia del Bourbon, ma esiste anche la versione con il Gin, decisamente più rinfrescante.
Un bicchiere talmente classico da essere quasi demodé, che però negli ultimi anni sta tornando di gran moda, complice anche il proliferare di locali dedicati e ispirati all'era del proibizionismo. Era in cui questo bicchiere allungato, piccolo - quasi 1/3 della Coppa Martini - e dal gambo delicato fu inventato. Il nome è dedicato a una coppia famosa, ma del mondo dei libri questa volta e non del cinema o della Dolce Vita: Nick e Nora Charles, un duo raccontato nero su bianco da Dashiell Hammett nel suo romanzo The Thin Man, dove Nick - detective privato dedito all'alcool - e sua moglie Nora, amano concedersi dei buoni drink e raccontare così la cultura dei cocktail in quegli anni così particolari: gli anni '30. Storia poi ripresa nel film L'uomo Ombra. Delicato e minuto, è adatto agli short drinks stir and strain - i cocktail vengono preparati in un grande mixing glass e poi versati - o build in a glass - ovvero composti letteralmente nel bicchiere -. Resta assolutamente iconico e senza tempo se usato per servire un French 75.
salute!!
La nascita dell'International Bartenders Association e dei suoi ricettari!
Il Daiquiri non ha un'origine, bensì tre. Ma una cosa è certa: il premio Nobel per la Letteratura Ernest Hemingway non poteva farne a meno.
I mocktail sono miscelazioni originali e prive di alcol frutto dell'estro e della creatività del barman.