Al contrario di molte altre invenzioni, che hanno origini incerte e sono una somma, in evoluzione, di continue intuizioni, la macchina da caffè espresso ha paternità abbastanza riconoscibili (anche se spesso confuse) e, dalla sua nascita, ha avuto, pur in continuo miglioramento, alcuni step nettamente riconoscibili.La prima macchina da caffè espresso fu infatti brevettata da Angelo Moriondo, un industriale di torino che, allargando la sua attività dalla cioccolata al mondo alberghiero, indivuduò la necessità di preparare il caffè in breve tempo, e dare la possibilità di gustarlo appena fatto. Moriondo non diede mai impulso industriale alla sua invenzione, pur avendola brevettata, è per questo che in realtà, e erroneamente, l’invenzione viene fatta in genere risalire ad un meccanico (non ingegnere, dicono le fonti) milanese: Luigi Bezzera.
Bezzera aveva probabilmente visto, e ragionato sopra, la macchina di Moriondo, tanto che il brevetto a lui concesso titolava: “Le innovazioni nei macchinari per preparare e servire immediatamente bevanda di caffè” (Patent No. 153/94, 61707, concesso il 5 giugno 1902). Bezzera intuì probabilmente le potenzialità della macchina, tanto da riuscire a vendere il brevetto a Desiderio Pavoni che con la sua azienda “La Pavoni” appunto, cominciò a produrre la macchina.La macchina da espresso di per se, era un grosso cilindro verticale, contenente una caldaia di ottone mantenuta in pressione da un fornello a gas. Lateralmente alla caldaia erano posizionati i gruppi (sorprendentemente simili a quelli moderni) in cui veniva messo il caffè macinato. Girando un rubinetto l’acqua in ebollizione e il vapore contenuti nella caldaia passavano attraverso il caffè con 1,5 atmosfere circa, e in un minuto (siamo lontani dai 28/30 secondi di oggi) l'espresso era fatto.
Pochi grandi steps dicevamo, tanto che questo tipo di macchine (definite “a vapore” e il cui metodo è ancora usate in alcune macchine economiche da casa) rimase in auge fino a dopo la seconda guerra mondiale, e fu subito dopo infatti, nel grande fermento della rinascità dalle macerie, che nel 1945 Angelo Gaggia inventò il sistema a leva.L’invenzione e il brevetto risalivano in realtà al 1938, ma Gaggia, che come Moriondo aveva pensato la macchina per il proprio bar, la ragionò in modo industriale solo nel ‘45, e nel ’48 ne cominciò la produzione.La macchina a pistone, o a leva appunto, pose le basi tecniche per il caffè crema, l’espresso come lo conosciamo oggi. La temperatura dell’acqua poteva essere più bassa, si scendeva da oltre 120° a 90° circa, e quindi il caffè perdeva quella sensazione di intenso amaro che l’aveva accompagnato fin dall’inizio. La pressione di nove atmosfere poi, a cui il pistone pressurizzava l’acqua, permetteva di creare la crema, il vero segno di riconoscimento della bevanda più italiana che c’è.
La macchina a leva, che con il tempo si differenziò, evolvendosi, nelle macchine a molla, rimase il riferimento fino all’eclisse del 1961, quando la Faema lancio la E-61 (E, appunto, come eclisse, avvenuta in quell’anno).Se anche chi non è un professionista del caffè sa riconoscere bene l’eleganza classica di questa macchina, la sua importanza storica e tecnica di è ben conosciuta da tutti gli addetti ai lavori. Questa macchina introduceva importantissime evoluzioni. La macchina non sfruttava più una pressione manuale (come le macchine a leva) ma traeva le sue atmosfere da una pompa elettrica, rendendo il lavoro dell’operatore molto più semplice e meno faticoso.Ancora, la macchina introduceva il concetto di preinfusione, concetto che prevedeva, prima che la pompa applicasse la pressione sul caffè, alcuni secondi in cui l’acqua calda restava a contatto con la polvere, favorendo una migliore estrazione. Ultimo (ma probabilmente non ultimo) tip tecnologico di questa macchina era quella dello scambiatore di calore, un tubo in cui circolava acqua che passando dentro la caldaia si scaldava e uscendo sul gruppo (la E 61 e ben riconoscibile per avere il gruppo esterno) si raffreddava, creando quel “circolo termosifonico” che permetteva una grande stabilità di temperatura.
È da notare come, negli stessi anni, la Faema, l’azienda produttrice della E61, creò anche la prima macchina “vending” quella in cui si mette la monetina ed esce il caffè.Nel 1970 l’azienda fiorentina “La Marzocco” creò la prima macchina a doppia caldaia, ulteriore evoluzione nella ricerca di una grande stabilità, di una macchina che permettesse di fare centinaia di caffè ogni giorno tutti con la stessa alta qualità. Negli anni 80 arrivarono poi le macchine automatiche, capaci di stopparsi da sole una volta raggiunta i millilitri di espresso precedentemente prefissati.
E oggi? Il mondo delle macchine da caffè è tuttora in piena evoluzione, e come spesso accade, le direzioni di maggior sviluppo sono le due opposte. Da una parte l’estrema automatizzazione di macchine che premendo un tasto macinano il caffè, lo pressano e magari montano il latte senza che l’operatore debba minimamente intervenire se non per servire la tazza al cliente. Dall’altra macchine sofisticatissime che, al contrario, il barista (e molto spesso l’appassionato a casa) può settare e personalizzare come e più di un computer, scegliendo pressione e temperatura a seconda del tipo di caffè e di ogni forma di sperimentazione.Queste e altre curiosità da scoprire durante il prossimo corso Maestro Barista e Latte Art in Partenza Nella sede di Cagliari il 27 Marzo 2019 .
Asciutto, amaricante, erbaceo.
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