Poche certezze ma confuse. Così si può riassumere la nascita del Mojito, il cocktail che negli ultimi anni si è diffuso in Italia quasi come le buche sulle strade della capitale. Rum bianco o scuro? Menta pestata o no? Zucchero bianco oppure di canna? Le versioni e le scuole di pensiero vanno e vengono. Tutte sostenute da ottime teorie. Tutte però “smontabili” da storia e tradizioni. Prima dunque di mettere nero su bianco la ricetta e gli ingredienti vediamo un po' di aneddoti.
Quello più diffuso e raccontato in ogni occasione è che un cocktail simile al Mojito venne inventato dal famoso pirata inglese Sir Francis Drake nel XVI secolo. Poi si tratti davvero del pirata oppure di un suo capitano importa poco. Quello che è interessante scoprire è che era effettivamente molto simile a quello che oggi conosciamo. Era preparato con aguardiente (rhum non invecchiato) di bassa qualità, lime, acqua, zucchero raffinato bianco di canna e una specie locale di menta, chiamata hierbabuena. Esistono diverse teorie anche riguardo l'origine del termine Mojito. Alcuni lo fanno risalire al "mojo", un condimento tipico della cucina cubana a base di aglio e agrumi, usato per marinare. Altri lo legano alla traduzione della parola spagnola mojadito, che significa "umido".Un'ultima ipotesi, invece, fa risalire l'etimologia al termine africano “vudùmojo” che significa "incantesimo". Dunque, come si diceva all’inizio, la confusione regna sovrana. In tutto questo però, una cosa è certa: a partire dalla metà dell’Ottocento il cocktail comincia a diventare popolare e questo si deve certamente alla “spinta” della Società Bacardi che del drink a base di Rum fece il punto di forza commerciale. Piccola e unica certezza, perché poi quando si cerca di stabilire chi per primo abbia proposto la versione moderna del Mojito si torna subito nella confusione. I nomi più diffusi sono quelli del barman della Bodeguita del Medio, Attilio De La Fuente, oppure Angel Martinez, che rilevò il locale nel 1942, all'apice della sua notorietà che poi erano gli anni di Ernest Hemingway e della famosa frase che è ancora possibile leggere oggi nel locale "My mojito in La Bodeguita, My daiquiri in El Floridita".
Parole che immediatamente fecero diventare famoso il cocktail anche fuori Cuba. Si racconta, però, che il cartello spuntò dopo la rivoluzione di Castro del 1959 proprio per incrementare il giro d’affari e attrarre i turisti. In effetti dove potevano trovare uno sponsor migliore di Hemingway? Scelta di marketing perfetta. Anzi qualcuno avanza l’ipotesi che lo scrittore in quel locale non c’è nemmeno mai entrato. Ipotesi confortata dal fatto che la mancanza di un Mojito senza zucchero prova che il legame di Hemingway (afflitto dal diabete) con questo drink potrebbe essere una pura invenzione. Tutt’al più l’autore di “Festa mobile” si sarebbe avvicinato a un drink inventato da Gregorio Fuentes, cuoco e barman del Pilar, la sua barca a motore lunga 12 metri, per prevenire o curare il raffreddore. Drink molto simile al Mojito, ma con il miele al posto dello zucchero. Ora, però, mettiamo da parte storie, leggende e curiosità e vediamo la ricetta di oggi, quella ufficiale dell’Iba (International Bartenders Association). Cominciamo dagli ingredienti: 4,5 cl di Rum bianco cubano, 3 di succo di limone fresco, 2 ramoscelli con Foglie di hierbabuena, 2 cucchiaini di zucchero bianco di canna e acqua gasata.
Ecco la preparazione: adagiare sul fondo del bicchiere la menta con zucchero e succo di limone, "rimestare" delicatamente per far sprigionare l’essenza alla menta, versare il rum bianco. Quindi riempire il bicchiere (un tumbler alto) di ghiaccio cubetto intero e pieno, colmare con acqua gasata.
La hierbabuena a Cuba cresce spontaneamente e si trova con una certa facilità, l’aroma è più delicato e meno persistente della menta selvatica o mentuccia che si trova in Europa. In mancanza di questa c’è la menta marocchina, reperibile nei vivai ad inizio primavera.
Al di fuori di Cuba il Mojito si è ormai diffuso in una variante conosciuta come "versione europea" o "Mojito sbagliato" oppure "Mojito pestato", cioè quello che non si deve fare mai nella versione tradizionale. Si prepara ponendo sul fondo del bicchiere il lime a pezzi e lo zucchero di canna grezzo. A questo punto si amalgama il tutto schiacciando vigorosamente con il pestello aggiungendo poi la menta, il ghiaccio tritato e infine il Rum bianco. Qualcosa dunque che assomiglia molto ad una caipirinha alla menta che si completa con l’aggiunta della soda. Inoltrandoci, in queste e altre varianti scopriamo "Virgin Mojito", rigorosamente analcolico (proprio così!). In pratica al posto del rum si usa (in quantità maggiore del normale) soda (sprite, seven-up) oppure ginger-ale.Poi c’è " Mojitaly" dove al posto del rum compare la Branca Menta, un long drink molto rinfrescante grazie anche all’uso del mapo (agrume ibrido tra il mandarino e il pompelmo) in sostituzione del lime. Sempre restando in Italia troviamo il "Baxeichito", variante nata a Genova alla fine degli anni Novanta. Ancora un mojito pestato non più con la menta ma con il basilico, tipicamente ligure, che va servito, dicono, con molto ghiaccio dentro un coccio. In realtà si potrebbe proseguire a lungo perché c’è anche una lista che ne trascrive ben 35: si va dall’uso della tequila al porto, dallo champagne al Campari e naturalmente ogni genere di frutta, dal melograno al lampone.
Una lista che potremmo intitolare: c’era una volta il mojito…
Salute!!
Asciutto, amaricante, erbaceo.
L'origine della coppetta è naturalmente incerto. Proprio come ogni bella storia del mondo dei cocktail.
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